• 15-11-2006

    Revoca dell’ordinanza di applicazione della custodia cautelare per gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni del collocamento in comunità

    REVOCA dell’ORDINANZA di APPLICAZIONE della CUSTODIA CAUTELARE per GRAVI e RIPETUTE VIOLAZIONI delle PRESCRIZIONI del COLLOCAMENTO in COMUNITA’
    Tribunale per i Minorenni di Milano, ordinanza del 15.11.2006 Giudice Estensore Dr. Maria Grazia Domanico

    L’ordinanza segnalata è stata emessa a seguito di impugnazione ex art.310 c.p.p. dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere per il periodo di un mese ai sensi dell’art. 22 co. 4° DPR 448/88, per gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni imposte con la misura del collocamento in Comunità.
    L’impugnazione suddetta è stata qualificata come appello ex art.310 c.p.p. sebbene il difensore l’avesse proposta come riesame di tutta la vicenda cautelare dell’imputato: stante l’effetto devolutivo dell’appello, il Tribunale ha limitato la propria cognizione alla verifica della legittimità dell’ordinanza e la correttezza del giudizio del GIP nell’applicazione della custodia in carcere per gravi e ripetute violazioni da parte del minore delle prescrizioni imposte con la precedente misura cautelare del collocamento in Comunità.
    Il punto di diritto di maggiore interesse è così enunciato: “con riferimento agli aggravamenti delle misure cautelari per violazioni di prescrizioni, di cui agli artt. 20 c. 3°, 21 c. 5°, 22 c. 4° cppm, il giudice deve procedere con estrema prudenza nell’identificare i concreti comportamenti che integrino le violazioni a prescrizioni, comportamenti “irregolari” del minore che non possono quindi essere genericamente enunciati ma devono essere specificamente descritti e congruamente valutati, avendo ben presente anche la condizione psicologica in cui si trovi il minore e la fase del percorso educativo in atto, al fine di evitare, per quanto possibile, il c.d. “effetto a cascata” delle misure cautelari, (…) stante la natura sanzionatoria degli aggravamenti di misura previsti”.
    Il Tribunale sottolinea infatti anzitutto come la norma non preveda una tipizzazione delle violazioni e come le sanzioni previste non sono applicabili obbligatoriamente ed automaticamente.
    L’art. 22 co 4 cppm prevede infatti che la sanzione possa seguire:

    • all’allontanamento “ingiustificato” dalla Comunità, allontanamento che dunque deve essere prudentemente apprezzato dal giudice;
    • ad altre “gravi e ripetute” violazioni alle prescrizioni.

    Il Collegio quindi rileva che il minore non si è mai allontanato dalla Comunità e che la decisione assunta dalla struttura di allontanare il minore in misura cautelare è illegittima giacché tale decisione può essere assunta solo dalla Autorità Giudiziaria.
    Esamina poi l’inadempimento alle prescrizioni da parte del ragazzo sotto il profilo delle gravi e ripetute violazioni, analizzando le relazioni dei S.S. in atti ed in particolare osserva:

    • che la difficoltà ad accettare ed aderire al progetto educativo comunitario da parte del minore era anche in parte dovuta all’interferenza negativa e deresponsabilizzante dei genitori;
    • che le strutture che accolgono minori devianti devono essere consapevoli di accogliere ragazzi difficili e dunque assorbire e far rielaborare anche comportamenti provocatori e polemici;
    • che un giudizio di fallimento del percorso educativo non può essere sancito dopo un periodo così breve di permanenza in comunità, in mancanza di gravi agiti posti in essere dal minore.

    In sintesi il Tribunale sottolinea come le generiche difficoltà del minore ad accettare il progetto educativo non possono qualificarsi come “gravi e ripetute violazioni” di prescrizioni;
    Ed esemplifica come irrilevanti, ai presenti fini, comportamenti come “un cellulare tenuto nascosto nel cesto della biancheria sporca” ovvero il generico riferimento a un “atteggiamento oppositivo”, “incurante delle regole comunitarie”, “polemico”, “non accetta consigli”, “non ammette di aver sbagliato”, “se rimproverato reagisce sdrammatizzando o facendo la vittima”, “non è disponibile al confronto”.
    Rileva infine come nelle precedenti relazioni vi fossero riferimenti del tutto contraddittori e contrastanti che evidenziavano che “…I B in Comunità ha sempre mantenuto un comportamento educato e rispettoso sia verso gli operatori sia verso i compagni”.
    Il Tribunale ribadisce che il riferimento contenuto nell’art.22 cppm a “gravi e ripetute violazioni”, sebbene non descritte dalla norma, presuppone che vi sia da parte del giudice una esatta individuazione delle stesse.
    Conclude quindi che non si ravvisa un comportamento del ragazzo che integri le gravi e ripetute violazioni richieste dall’art. 22 DPR 448/88 ed, in accoglimento dell’appello proposto, revoca l’ordinanza, disponendo l’immediata scarcerazione dell’imputato ed il suo immediato collocamento in struttura comunitaria diversa dalla precedente.

    TRIBUNALE PER I MINORENNI
    MILANO
    20123, via Leopardi, 18 – tel. 02-46721

    Proc. n. /06 R.G.N.R.
    N. /06 GIP
    N. /06 R.I.M.C.

    Il Tribunale per i Minorenni di Milano, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei sigg.
    Daniela Guarnieri Presidente
    Maria Grazia Domanico giudice relatore
    Francesca Avon giudice onorario
    Daniele Grioni giudice onorario
    ha pronunciato la seguente
    ORDINANZA
    (art. 310 c.p.p.)
    nel procedimento penale a margine indicato nei confronti di I B, nato a il, imputato del reato p. e p. art. 110, 628 c. 1 e 3 n. 1 c.p. in Magenta il 15.6.2006, difeso di fiducia avv. E S del Foro di Milano;

    • Rilevato che in data 30.10.2006 il difensore dell’imputato depositava istanza ex art. 309 c.p.p., richiedendo il riesame dell’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal GIP in sede in data 19.10.2006, rilevando la nullità dell’ordinanza medesima ai sensi e per gli effetti dell’art. 292 c. 2 ter, non contenendo la valutazione degli elementi a carico e a favore dell’imputato, in particolare non avendo il GIP valutato il contenuto della relazione USSM del 12.9.2006, con riserva di esporre ulteriori motivi in udienza; chiedeva la nullità o la dichiarazione di inefficacia dell’ordinanza “sia sotto il profilo procedurale che nel merito”, e, in subordine, di sostituire la custodia cautelare imposta con misura meno affittiva.
    • Ritenuto opportuno premettere che con ordinanza ex art. 292 c.p.p. in data 11.7.2006 il GIP, in accoglimento della richiesta del PM dell’1.7.2006, disponeva l’applicazione nei confronti di I B della misura cautelare della permanenza in casa, ordinanza eseguita il 13.7.2006; che il 19 luglio, e quindi nel termine di cui all’art. 294 cpp, si svolgeva l’interrogatorio dell’indagato; che la richiesta di revoca o sostituzione della predetta misura avanzata al GIP dall’imputato veniva respinta con ordinanza del 27.7.2006; che, su richiesta del PM, il GIP con ordinanza del 14.8.2006 applicava al minore la misura del collocamento in Comunità ai sensi dell’art. 21, 5° comma cpp min. per gravi violazioni essendosi il ragazzo allontanato dalla abitazione; che il 22.8.2006 B I veniva inserito presso la Comunità casa-famiglia S; che con decreto in data 22.9.2006 veniva disposto giudizio immediato; che con ordinanza in data 19.10.2006 il GIP, su richiesta del PM, applicava nei confronti dell’imputato la misura cautelare della custodia in carcere per il periodo di un mese ai sensi dell’art. 22 co. 4° DPR 448/88, per gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni imposte con il collocamento in Comunità, ordinanza eseguita il 20.10.2006 ed impugnata con l’atto in esame;
    • Rilevato, pertanto, che l’impugnazione va qualificata ai sensi dell’art. 310 cpp, trattandosi di richiesta di annullamento di provvedimento in materia di misura cautelare personale; che, conseguentemente, stante l’effetto devolutivo dell’appello, la cognizione del presente giudizio deve limitarsi a verificare la legittimità o meno dell’ordinanza GIP del 19.10.2006 e la correttezza del giudizio che il GIP ha espresso nella valutazione degli elementi in suo possesso per l’applicazione della custodia in carcere per gravi e ripetute violazioni da parte del minore delle prescrizioni imposte con la precedente misura cautelare del collocamento in Comunità imposta con ordinanza GIP del 14.8.2006 che non è quindi provvedimento oggetto di impugnazione;
    • Sentito in data odierna il difensore, che ha esposto ulteriori e diversi motivi rispetto a quelli illustrati nell’atto di appello, depositando altresì memoria; in particolare ha richiesto la pronunzia di inefficacia della custodia in carcere ex art. 302 cpp per non essere stato il minore interrogato ex art. 294 cpp. Ha quindi ribadito la insussistenza di gravi e ripetute violazioni da parte del minore delle prescrizioni impostegli con il collocamento in Comunità e, quindi, la illegittimità della misura applicata ex art. 22 4° c. cppm. In via subordinata ha richiesto la applicazione della misura cautelare meno affittiva della permanenza in casa, con possibilità di frequentare la scuola cui risulta iscritto.
    • Rilevato che l’originaria misura cautelare della permanenza in casa applicata al minore con ordinanza dell’11.7.2006 ha poi determinato il c.d. “effetto a cascata” per successive violazioni, da parte dell’imputato, delle prescrizioni via via impostegli; che, nel richiedere l’annullamento dell’ordinanza della custodia in carcere da ultimo applicata ex art. 22 4° c. cppm, il difensore si duole del fatto che non sia stato adeguatamente preso in considerazione dal GIP il contenuto delle relazioni trasmesse al Tribunale dagli operatori, evidenziando aspetti contraddittori presenti nelle relazioni stesse;
    • Ritenuto opportuno evidenziare che, con riferimento agli aggravamenti delle misure cautelari per violazioni di prescrizioni, di cui agli artt. 20 c. 3°, 21 c. 5°, 22 c. 4° cppm, il giudice deve procedere con estrema prudenza nell’identificare i concreti comportamenti che integrino le violazioni a prescrizioni, comportamenti “irregolari” del minore che non possono quindi essere genericamente enunciati ma devono essere specificamente descritti e congruamente valutati, avendo ben presente anche la condizione psicologica in cui si trovi il minore e la fase del percorso educativo in atto, al fine di evitare, per quanto possibile, il c.d. “effetto a cascata” delle misure cautelari che rischia di avere ricadute dannose e fuorvianti rispetto ad un lineare, coerente, comprensibile dal minore (e quindi responsabilizzante) percorso processuale, stante la natura sanzionatoria degli aggravamenti di misura previsti. Peraltro le violazioni non vengono tipizzate dalle norme sopra indicate e pertanto non può esservi alcun dubbio in relazione alla natura processuale di tali sanzioni, che neppure sono applicabili obbligatoriamente ed automaticamente da parte del giudice. Ciò posto, l’art. 22 c. 4° definisce una unica fattispecie di violazione alla prescrizione, ovvero l’allontanamento dalla Comunità (che comunque deve essere “ingiustificato”, e dunque anche l’allontanamento stesso va considerato non quale comportamento oggettivo in sé ma va prudentemente apprezzato dal giudice) mentre indica in via generale che le altre violazioni alle prescrizioni devono essere “gravi e ripetute”.
    • Venendo al caso in esame, dalla lettura delle relazioni degli operatori emerge che il minore non si è mai allontanato dalla Comunità; al contrario, in data 12.9.2006 gli operatori dell’USSM, nel richiedere al GIP una autorizzazione per il minore a partecipare ad uscite dalla struttura (attività di lavoro agricolo all’esterno della Comunità), precisavano: “non sono emersi comportamenti conflittuali – da parte del minore – né con gli ospiti né con gli operatori; non sono neppure mai stati messi in atto tentativi di fuga o minacce in tal senso”. Peraltro, con laconica comunicazione al Tribunale in data 22.9.2006 la Comunità S comunicava “l’impossibilità di proseguire alcun progetto con il ragazzo che continuamente trasgredisce regole” comunicando altresì di aver provveduto ad allontanare B I dalla struttura la mattina del 22 settembre.
    • Rilevato pertanto che il minore non si è mai allontanato dalla Comunità e che la decisione assunta dalla struttura S di allontanare il minore in misura cautelare è illegittima giacchè tale decisione può essere assunta solo dalla Autorità Giudiziaria. A norma dell’art. 22 il minore viene affidato ad una Comunità pubblica o autorizzata che ha l’obbligo di collaborare con i servizi minorili della amministrazione della giustizia. Certamente è garantita l’autonomia della Comunità nella gestione operativa e, in parte, nella progettualità educativa, ma gli operatori della Comunità non possono assumere decisioni autonome che vengano ad incidere sul percorso processuale del minore. Va pertanto stigmatizzata la decisione assunta dalla Comunità che si configura come grave violazione dei suoi doveri istituzionali.
    • Rilevato pertanto che va esaminato l’inadempimento alle prescrizioni da parte del ragazzo sotto il profilo delle gravi e ripetute violazioni.
    • Rilevato che, opportunamente, il GIP con provvedimento dell’11.10.2006 richiedeva all’USSM di riferire “in merito ai comportamenti tenuti da I B”, con richiesta di allegare anche le relazioni della Comunità; perveniva pertanto relazione USSM con allegate relazioni della Comunità del 4.9.2006 e 14.9.2006. A parere del Collegio dalla lettura delle stesse non si ravvisa un comportamento del ragazzo che integri le gravi e ripetute violazioni richieste dall’art. 22 DPR 448/88. Del resto la stessa relazione dell’USSM è molto sintetica e si limita a riportare che la famiglia dell’I B non ha collaborato con il Servizio; che l’atteggiamento dei genitori ed in particolare del padre è stato di continua interferenza nel percorso educativo con la conseguenza che tali interferenze avrebbero impedito al giovane di aderire al progetto comunitario, non apparendo consapevoli né lui né i familiari del contesto penale e ritenendo che il reato altro non sia che una “bravata” adolescenziale. Appare evidente come il comportamento tenuto dai familiari abbia avuto una ricaduta negativa sul minore e sulla maggiore difficoltà da parte dello stesso di comprendere e di accettare il progetto educativo in atto, ma tali difficoltà non possono certo qualificarsi come “gravi e ripetute violazione” di prescrizioni. Al contrario, proprio per il contesto familiare negativo e deresponsabilizzante un progetto comunitario poteva rappresentare per il ragazzo un importante confronto con la realtà e con sé stesso e non pare possibile che un giudizio di fallimento possa essere sancito dopo un periodo di permanenza così breve nella struttura, in mancanza di gravi agiti posti in essere dal minore e avuto presente che le strutture comunitarie che accolgono minori sottoposti a procedimento penale devono essere ovviamente consapevoli di accogliere adolescenti particolarmente difficili e quindi essere in grado di assorbire e far rielaborare anche comportamenti provocatori e polemici dei ragazzi.
    • Anche le relazioni della Comunità appaiono sproporzionate nel descrivere comportamenti negativi di terzi (familiari e amici dell’imputato) rispetto alle “violazioni” dell’I B, pressioni esterne che, certamente, avranno in qualche modo avuto un effetto destabilizzante sul ragazzo che peraltro non pare, dalle descrizioni fornite, che non potesse essere “trattato”. Unico comportamento descritto di violazione di regole da parte dell’imputato consiste nel fatto che gli operatori avevano rinvenuto un cellulare tenuto nascosto dallo stesso nel cesto della biancheria sporca. Comportamento certamente insufficiente a configurare le gravi e ripetute violazioni previste quale presupposto necessario per l’applicazione della sanzione in esame. Per il resto, nella relazione del 14.9.2006, si fa genericamente riferimento a un “atteggiamento oppositivo”, “incurante delle regole comunitarie”, “polemico” ,“non accetta consigli”, “non ammette di aver sbagliato” ,“se rimproverato reagisce sdrammatizzando o facendo la vittima”, “non è disponibile al confronto”. Comportamenti del ragazzo, anche questi, che non integrano certo quelle “gravi e ripetute violazioni” che, sebbene non descritte dalla norma, presuppongono che vi sia da parte del giudice una esatta individuazione delle stesse. Ma vi è di più; la descrizione dell’atteggiamento dell’I B (più che dei suoi comportamenti) fatta dagli operatori della Comunità sembra anche contrastare con quanto scriveva poco prima la Comunità stessa, allorché evidenziava che “…I B in Comunità ha sempre mantenuto un comportamento educato e rispettoso sia verso gli operatori sia verso i compagni”. (relazione del 4.9.2006). Anche l’USSM, nella richiesta di autorizzazione a partecipare ad attività esterne del 12.9.2006, scriveva: “ …I B sta cercando di inserirsi nella nuova realtà, ha infatti vissuto da sempre con la sua famiglia di origine e ad oggi non sono emersi comportamenti conflittuali né con gli ospiti né con gli operatori…”.
    • In conclusione, dopo aver sentito il minore che ha voluto rendere dichiarazioni spontanee dichiarandosi pentito di essersi allontanato dalla abitazione quando era sottoposto alla permanenza a casa, avendo sottovalutato tutte le conseguenze che ne sono poi derivate, il Collegio ha letto il dispositivo, alla presenza delle parti, con cui, in accoglimento dell’appello proposto, ha revocato l’ordinanza GIP del 19.10.2006 disponendo l’immediata scarcerazione dell’imputato ed il suo immediato collocamento in struttura comunitaria diversa dalla precedente. Venuta meno la custodia cautelare in carcere applicata ai sensi dell’art. 22 4° c. resta infatti in vigore l’ordinanza cautelare del collocamento in Comunità del 14.8.2006, non essendo scaduti i termini di fase, per modificare o revocare la quale occorre proporre nuova istanza al GIP e acquisire il parere del PM (art. 299 c. 4°bis cpp). In questo giudizio ci si limita ad osservare, non essendo sul punto la cognizione limitata in relazione al generale principio di cui all’art. 299 1° e 3° comma cpp, che non sono venute meno le condizioni di applicabilità della misura ex art. 273 e 274 cpp e non si ravvisano violazioni di legge nell’inter che ha condotto alla sostituzione delle diverse misure, ad eccezione dell’ultima misura applicata; inoltre il negativo comportamento dell’imputato nel corso di applicazione delle misure cautelari non induce ancora, allo stato, a formulare una prognosi favorevole in relazione al pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose. Del resto lo stesso difensore si limita a chiedere la sostituzione delle misure della custodia in carcere o del collocamento in Comunità con altra meno affittiva.

    P.Q.M.
    In accoglimento dell’appello proposto, REVOCA l’ordinanza GIP del 19.10.2006 e, per l’effetto, dispone l’immediata scarcerazione dell’imputato, se non detenuto per altra causa, disponendo che lo stesso sia immediatamente ricollocato, a cura dell’USSM, in struttura comunitaria diversa dalla precedente in applicazione dell’ordinanza 14.8.2006.
    Del presente dispositivo viene data lettura in udienza.
    Si notifichi immediatamente

    • Imputato ed esercenti la potestà
    • difensore
    • Direzione IPM
    • USSM
    • P.M. sede

    Milano, Camera di Consiglio del 15.11.2006

    Il giudice estensore
    Dr. Maria Grazia Domanico
    Il Presidente
    Dr. Daniela Guarnieri
    Il Cancelliere

    Documenti allegati: 310cpp tm milano_2