• 26-01-2006

    AFFIDAMENTO DEI FIGLI

    AFFIDAMENTO CONDIVISO DEI FIGLI E NUOVE NORME IN MATERIA DI SEPARAZIONE

    La Camera Minorile di Milano, associazione di avvocati senza fini di lucro, in conformità al proprio statuto che ha tra le sue finalità la promozione della centralità del minore come soggetto di diritti, alla luce dell’approvazione definitiva della cd legge sull’affido condiviso, avvenuta nella notte del 24 gennaio scorso, osserva quanto segue.

    Riaffermato il principio secondo il quale i minori tutti (legittimi e naturali) hanno diritto a conservare un rapporto continuativo ed equilibrato con entrambi i genitori anche in ipotesi di disgregazione del nucleo familiare, il testo così come approvato impone invero un unico modello di affidamento per tutte le separazioni ed omette di prendere in considerazione alcuni aspetti di primaria importanza per la tutela del minore e rischia, contestualmente, di aggravare – anziché risolvere – una serie di problemi pratici che avranno indubbie e negative ripercussioni sulla crescita equilibrata del minore stesso.

    A nostro avviso , come già segnalato in occasione della approvazione alla Camera dei Deputati del testo di legge, sarebbe stato opportuno e necessario superare i concetti di potestà ed affidamento e adeguarsi alle indicazioni della normativa comunitaria che con i regolamenti relativi al riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di famiglia utilizza il termine “responsabilità genitoriale” (cfr. Regolamento CEE 1347/2000 oggi sostituito dal Regolamento CEE n.2201/03 in vigore dal 01.03.2005).

    Non si tratta di banale questione terminologica: parlare di “responsabilità” e non di “poteri” significa infatti porre i genitori su di un piano di uguaglianza fra di loro ed in accordo con i figli e quindi affermare la centralità del riconoscimento effettivo dei primari diritti del minore.

    Il testo approvato appare altresì in contrasto con le convenzioni internazionali ratificate dal nostro Paese (ma ancora una volta ignorate!) e con la legge n.149/01: infatti omette di prevedere la nomina di un curatore del minore perlomeno nei casi in cui sia ravvisata una situazione di conflitto di interessi con il genitore.

    L’esercizio congiunto della potestà, inoltre, è destinato a produrre pesanti ripercussioni sul piano pratico: in caso di disaccordo dei genitori nella scelta delle decisioni di maggior interesse per i figli (per esempio la scuola o le cure mediche) è ora necessario il ricorso al Giudice, con un inutile aggravio di costi anche in termini di tempo e il permanere, sino all’esito del giudizio, dello stato di conflittualità a discapito dei figli.

    Inoltre, poiché la legge approvata non prevede che debba essere specificata la residenza abituale del minore (con tutte le problematiche anagrafiche che questa previsione comporta: in quale stato di famiglia verrà iscritto, quale genitore percepirà gli assegni familiari, quale la zona scolastica e sanitaria di competenza ecc.) è prevedibile , in assenza di accordo, una moltiplicazione del contenzioso per esempio sulle scelte dell’istituto scolastico che il minore dovrà frequentare: stante la parità dei genitori, nell’ipotesi in cui essi risiedano in diverse circoscrizioni scolastiche, con quali criteri il Giudice deciderà in quale istituto scolastico deve essere iscritto il figlio? E, soprattutto, riuscirà a decidere in tempi compatibili con quelli amministrativi previsti per l’iscrizione dell’alunno? Ed ancora, in caso di due pediatri che esprimono pareri discordi sulla terapia da seguire potrà il Giudice, con il suo carico di contenzioso, essere davvero tempestivo?

    In merito invece all’assegnazione della casa familiare, se è corretto, come oggi peraltro già avviene, considerare il titolo di proprietà della stessa, serie perplessità desta la disciplina della revoca dell’assegnazione dell’immobile in caso di nuova convivenza del genitore assegnatario, ciò in considerazione del fatto che la normativa omette di prevedere come doverosa la valutazione dell’interesse dei minori coinvolti.

    Non minori perplessità suscita la previsione di contribuzione diretta, salvo diversa statuizione del Giudice, al figlio maggiorenne non ancora economicamente autosufficiente: nel caso di genitore inadempiente agli obblighi di mantenimento, ragazzi appena diciottenni saranno i soli legittimati ad attivare il procedimento giudiziale nei confronti del genitore.

    Quanto all’audizione del minore, prevista come obbligatoria (“il giudice dispone l’audizione dei minori ultradodicenni”) la Camera Minorile di Milano non può che richiamare da un lato le Convenzioni Internazionali, puntualmente disattese ancorché ratificate dal nostro Paese, che prevedono la nomina di un Curatore Speciale per il minore e dall’altro come la prevista necessarietà dell’audizione non abbia alcun riferimento all’oggetto del contendere (se il conflitto riguarda esclusivamente la pretesa di un coniuge in ordine all’assegno di mantenimento è obbligatoria l’audizione del minore?)

    Se questi sono solo alcuni dei rilievi relativi al merito della legge appena approvata, altri e ben più preoccupanti sono quelli di natura procedurale: nella fretta dell’approvazione della legge è evidente che il legislatore ha “scordato” di aver già approvato con la Legge 80/2005 e successive modificazioni- normativa che dovrebbe entrare in vigore il prossimo 1 marzo – la modifica di alcuni degli articoli del codice di procedura civile e della legge sul divorzio con contenuto diametralmente opposto. Basti pensare alla modificabilità dei provvedimenti presidenziali (aventi ad oggetto affidamento dei figli, contributi economici, assegnazione della casa coniugale) reclamabili avanti la Corte di Appello in base a questa legge, di competenza invece del giudice istruttore secondo la legge 80/2005!

    Ma vi è di più: la nuova legge non prevede alcuna norma di coordinamento con l’attuale ripartizione delle competenze tra la magistratura ordinaria, quella minorile e quella del giudice tutelare.

    Amareggia che i plurimi interventi legislativi su una materia così delicata come è quella dei rapporti familiari non abbiano tenuto conto ed, anzi, abbiano reso ancora più incerto l’attuale quadro normativo in spregio alle innumerevoli richieste da parte di tutti gli operatori del diritto, di provvedere all’unificazione delle competenze in materia di minori e famiglia in un apposito Tribunale della persona e della famiglia, con elevata autonomia organizzativa e competenza esclusiva, che giudichi in composizione monocratica, collegiale togata e collegiale con l’apporto degli esperti a seconda delle materie trattate.

    La Camera Minorile di Milano, che pone al centro della propria attività il preminente interesse del minore, non può che esprimere profonda amarezza per le scelte affrettate operate da un legislatore poco attento e non può che augurarsi che almeno il conflitto di competenze sia risolto tempestivamente con opportuni interventi legislativi di armonizzazione idonei a prevenire lungaggini processuali e anni di sofferenza per i minori.

    Milano ,26 gennaio 2006

    Documenti allegati: comunicato stampa affido condiviso_3